L’artroscopia, il futuribile diventato realtà.

L’artroscopia, il futuribile diventato realtà.

Questa è una storia di fantascienza… o quasi. Fantascienza diventata realtà all’inizio degli anni ’80 con l’introduzione delle fibre ottiche in sala operatoria. Le fibre ottiche hanno letteralmente cambiato la storia della chirurgia e della medicina. Il loro utilizzo ha rivoluzionato il trattamento di moltissime patologie, nonché il lavoro dei chirurghi e la loro formazione, ha trasformato l’aspetto delle sale operatorie e le abitudini dei sanitari in esse impegnati. Anche il modo stesso di intendere l’intervento chirurgico da parte del paziente ha subito un cambiamento radicale. Nel campo ortopedico, la tecnologia delle fibre ottiche ha trovato ampia fortuna con l’artroscopia. Per capire l’importanza di questa procedura è sufficiente considerare che ogni anno nel mondo vengono praticate più di 4 milioni di artroscopie per la sola articolazione del ginocchio.  

Ma di cosa si tratta?

fibre ottiche
fibre ottiche

Una fibra ottica è un filamento con proprietà tali da condurre luce più o meno come un filo di rame conduce corrente elettrica. Un fascio di migliaia di fibre ottiche messe insieme possono trasportare luce in maniera tale da formare un’immagine.

In ortopedia lo strumento che sfrutta il principio della fibra ottica è l’artroscopio. Esso può essere assimilato a un tubo metallico rigido di diametro variabile generalmente dai 2 ai 5 millimetri. L’artroscopio è dotato di una telecamera che cattura l’immagine formata dalle fibre ottiche. Essa poi trasmette le immagini ad uno schermo e così facendo fornisce al chirurgo una visione in diretta delle parti anatomiche che il chirurgo vuole esplorare. Introducendo questo strumento in un’articolazione è possibile guardarla direttamente dall’interno, apprezzarne i dettagli e osservare molto accuratamente le possibili anomalie. In questo modo l’artroscopia può anche guidare la mano del chirurgo, che, grazie a piccole incisioni sulla pelle, ha la possibilità di effettuare gli interventi richiesti senza dover praticare estese ferite come richiederebbe un approccio chirurgico di tipo tradizionale.

esempio di artroscopio
esempio di artroscopio

La mini-invasività di queste procedure permette minor disagio da parte del paziente e tempi di recupero più veloci. Gli interventi artroscopici più conosciuti e più eseguiti sono senza dubbio gli interventi artroscopici sul ginocchio e sulla spalla. Un ruolo sempre più importante è comunque attribuito anche all’artroscopia di caviglia, di anca, di gomito e di polso.

L’artroscopia di ginocchio è senz’altro uno dei capitoli più importanti dell’ortopedia moderna nei paesi industrializzati. Le patologie del ginocchio che più frequentemente richiedono un intervento in artroscopia sono quelle riguardanti i menischi, la cartilagine  e i legamenti; l’artroscopia è utilizzata anche per interventi sulla membrana sinoviale, per l’asportazione di neoformazioni, per interventi di riallianeamento della rotula e per molte altre patologie complessivamente meno frequenti di quelle già menzionate.

menisco
Menisco mediale durante intervento di meniscectomia selettiva artroscopia

I menischi sono delle formazioni cartilaginee presenti all’interno del ginocchio che hanno forma di ‘C’ o di semiluna e che permettono all’articolazione del ginocchio di essere più congruente (cioè di far combaciare meglio le superfici di scorrimento) e più stabile. Sono come delle guarnizioni interne al ginocchio che contribuiscono all’armoniosità del movimento e all’ammortizzamento durante il passo e la corsa. Sentiamo molto spesso parlare di lesioni meniscali negli sportivi e nei giovani che fanno sport a causa di traumi di una certa intensità. Tuttavia anche una persona meno giovane può scoprire a un certo punto della propria vita di avere un menisco danneggiato. Spesso questo fatto desta una certa sorpresa poiché la persona in questione può non ricordare di avere avuto traumi di alcun genere. Questo accade perché con l’avanzare dell’età i menischi possono usurarsi, diventare meno elastici e meno reattivi e possono ‘rompersi’ anche per movimenti apparentemente banali. Una lesione meniscale spesso (ma non sempre) ha bisogno di essere trattata chirurgicamente poiché il potenziale di guarigione spontanea è piuttosto basso. Le lesioni ai menischi oggi si trattano con tecniche artroscopiche che prevedono l’asportazione della parte di menisco danneggiato (meniscectomia selettiva) o la sua ricostruzione (sutura meniscale). La scelta tra una o l’altra tecnica dipende dal tipo di lesione riscontrata sulle immagini diagnostiche (TAC o Risonanza Magnetica), da come si presenta la lesione durante l’intervento in artroscopia, dall’età e dalle caratteristiche cliniche. Questi interventi possono essere eseguiti anche in anestesia locale o periferica e la ripresa è molto veloce. In particolare, dopo un intervento di meniscectomia selettiva artroscopica il paziente può essere in grado di camminare senza stampelle e di riprendere il lavoro in 1-2 settimane.

Tra le lesioni del ginocchio che più spesso vengono trattate con tecniche artroscopiche vi sono i danni alla cartilagine e ai legamenti. Per chi fosse interessato pubblicherò più avanti su questo articoli interamente ad essi dedicati..

Se gli interventi sul ginocchio hanno segnato la nascita e la storia dell’artroscopia, gli interventi sulla spalla ne stanno caratterizzando il presente. I chirurghi artroscopisti da diversi anni si dedicano a questa articolazione affascinante e complessa. Le patologie più frequentemente trattate sono quelle riguardanti i tendini della cuffia dei rotatori e quelle incluse nel capitolo delle instabilità della spalla.

cuffiaLa cuffia dei rotatori è un manicotto di tendini che circonda la spalla ed ha una funzione basilare per la sua fisiologia articolare. Con un po’ di fantasia possiamo paragonare la cuffia dei rotatori agli alettoni di una macchina di Formula 1, che grazie alla loro funzione aerodinamica schiacciano la macchina contro l’asfalto e fanno sì che la forza motrice si trasferisca con efficacia dal motore ai pneumatici facendo sfrecciare l’automobile. Senza gli alettoni la macchina si impennerebbe e la potenza del motore si esaurirebbe in un movimento inefficace. Nel caso della spalla il motore è il muscolo deltoide. Questo, senza l’azione coordinata dei muscoli della cuffia dei rotatori, pur potendo imprimere la sua forza all’articolazione non ne produrrebbe un movimento utile, anzi rischierebbe di farla ‘schiantare’, proprio come un’auto di Formula 1 senza il suo apparato aerodinamico. Purtroppo per noi i tendini della cuffia dei rotatori sono piuttosto fragili in rapporto alla forza che devono esercitare e perciò il loro utilizzo continuo li espone a fenomeni di infiammazione, degenerazione e rotture, parziali o complete. Molti di questi problemi possono essere curati con la fisioterapia o con l’iniezione di farmaci all’interno dell’articolazione, le cosiddette ‘infiltrazioni’. Sono abbastanza frequenti anche i casi in cui le lesioni della cuffia dei rotatori possono giovarsi di un trattamento chirurgico, e, in particolare, di un trattamento chirurgico artroscopico. Il classico caso è quello di una lesione di uno o più tendini della cuffia dei rotatori di un soggetto entro determinati limiti di età (in genere non oltre i 65 – 70 anni), diagnosticata tramite ecografia o risonanza magnetica. In queste situazioni in cui la chirurgia artroscopica può restituire alla spalla una funzione più vicina a quella normale. Le tecniche artroscopiche attuali permettono di ricucire molto accuratamente queste lacerazioni nella maggior parte dei casi. Purtroppo ‘rattoppare’ un vestito usurato non vuol dire fare un vestito nuovo e il paziente deve essere consapevole che il problema col tempo può ripresentarsi. Nel frattempo egli avrà beneficiato di una funzionalità della spalla migliorata e potrà evitare (o procrastinare) il ricorso a interventi più impegnativi e invasivi come quelli di protesi.

Molto diverso, nella presentazione dei sintomi e nella storia clinica, è il problema dell’instabilità di spalla. Una spalla è instabile quando tende a ‘uscire fuori posto’ durante un normale movimento. Il paziente può avvertire una sensazione di scatto o semplicemente dolore. A volte una spalla molto instabile può lussarsi anche per un movimento banale come pettinarsi i capelli. In casi particolari il paziente stesso è in grado di lussarsi volontariamente la spalla e di rimetterla a posto. Le cause possono essere molteplici, ma le situazioni principali sono due: la prima è quella dell’instabilità successiva a un trauma (di solito un trauma responsabile di una lussazione di spalla), la seconda è quella dell’instabilità dovute a situazioni costituzionali in cui non si riconosce un trauma a principio del problema.

615x200-ehow-images-a00-06-1o-reduce-dislocated-shoulder-800x800Il primo caso (instabilità ‘traumatica’) può essere descritto in termini pratici in questo modo. Mario ama lo sport e gioca a calcio, durante una partita subisce un brutto fallo e cade all’indietro. Nella caduta cerca l’appoggio con una mano, ma l’impatto è molto forte e viene trasmesso da tutto il braccio alla spalla. Il dolore è fortissimo e viene portato al Pronto Soccorso dove gli dicono che la spalla si è lussata. La spalla viene ridotta (cioè viene ‘rimessa a posto’) da un medico ortopedico e gli viene applicato un bendaggio. Dopo il periodo di convalescenza la spalla torna a essere quella di prima e Mario torna a giocare. Un giorno, a distanza di circa un anno, durante un allenamento salta per colpire la palla di testa. La palla è alta e cerca di saltare al massimo della sua forza aiutandosi con le braccia. Ma proprio al momento dello stacco sente un dolore lancinante alla spalla, identico a quello avvertito con l’infortunio dell’anno prima. Torna al pronto soccorso: si ripete la trafila dell’anno prima. Questa volta l’ortopedico gli spiega che l’entità del trauma non è tale da far lussare una spalla normale e gli consiglia di indagare meglio con la rinsonaza magnetica. Dopo la convalescenza però Mario sta di nuovo bene e lascia correre. Si allarma seriamente una sera quando, nella manovra di parcheggio della propria auto, si aiuta mettendo una mano dietro il sedile accanto, sente di nuovo quel dolore alla spalla e si accorge immediatamente di esserci ricascato. Stavolta, dopo tutta la convalescenza, si decide a fare la risonanza e consulta l’ortopedico che gli consiglia un intervento in artroscopia. L’ortopedico spiega che la capsula articolare, insieme ai legamenti di cui è composta, si è staccata dall’articolazione vera e propria e la spalla non ha più quei freni naturali di cui è dotata. In artroscopia si possono riattaccare queste strutture con l’utilizzo di ancorette metalliche e con fili di sutura appropriati. Mario accetta e si fa operare. L’intervento dura circa 40 minuti. Per 4 settimane si dedica solo a piccoli esercizi, poi inizia la riabilitazione vera e propria. Nel giro di 3 mesi recupera anche la forza ed è pronto per riallenarsi con la sua squadra di calcio.

laxityIl secondo caso (instabilità ‘costituzionale’) si presenta solitamente in maniera più subdola. Vi riporto un esempio. Laura è una ragazza piuttosto sedentaria, lo sport proprio non la appassiona. A scuola però si toglie qualche soddisfazione nei confronti delle compagne: durante i primi 10 minuti di educazione fisica, quelli dedicati allo stretching, lei riesce ad allungarsi come nessuna delle altre e dimostra una notevole elasticità. A volte per far ridere i compagni si prende le dita e le gira completamente all’indietro. Una mattina, durante la solita ora di educazione fisica, si lascia convincere dalle compagne a giocare a pallavolo. Cerca di impegnarsi e gioca anche bene. A un certo punto salta per provare una schiacciata, ma prima ancora di colpire la palla si blocca nel movimento e sente dolore. L’insegnante capisce che c’è qualcosa che non va, la spalla ha una forma strana anche se Laura dice che il dolore non è fortissimo. Ma i movimenti sono un po’ limitati, così si decide che è meglio che vada al Pronto Soccorso. La spalla viene rimessa a posto, ma, dopo il colloquio e la visita, l’ortopedico le consiglia di fare la risonanza magnetica (già dopo questo primo episodio, a differenza di Mario). Con il risultato della risonanza Laura va di nuovo dall’ortopedico che le consiglia di fare un tipo di ginnastica particolare per la spalla con l’aiuto di un fisioterapista. Le spiega che la sua spalla è instabile perché lei ha dei legamenti troppo elastici e non perché ha una lesione. Pertanto non ci sono degli interventi che possano modificare la qualità dei suoi tessuti. Si può cercare però di aiutare questi legamenti rinforzando i muscoli che li circondano. Ecco perché è utile in questo caso che faccia la fisioterapia.

Questi sono solo alcuni esempi per illustrare il campo di applicazione dell’artroscopia. A fronte di una pratica clinica consolidata si assiste a costanti miglioramenti tecnici e frequenti novità. Il dibattito scientifico sulle indicazioni e sugli effetti delle singole tecniche è apertissimo  e il fermento culturale che lo circonda non fa altro che alimentare il fascino di questa importante branca dell’ortopedia.

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